Storia contro-corrente della “tassa sulle vacanze” degli italiani.
Sotto l’ombrellone di inizio luglio ha fatto molto scalpore la “tassa sulle vacanze”.
Ecco in breve cosa è successo.
1) il governo si è accorto dello stato pietoso della manutenzione delle strade provinciali, in particolare quelle date in gestione all’Anas.
2) ha deciso quindi di stanziare 90 milioni di euro.
3) e ovviamente, come tutte le volte che servono nuovi soldi, ha pensato bene di aumentare le entrate: nella fattispecie, tramite un aumento del pedaggio autostradale pari a circa un euro ogni mille chilometri.
4) lo ha fatto di nascosto, presentando un emendamento ad un decreto in conversione in parlamento.
5) l’opposizione se ne è accorta e non gli è parso vero di urlare alla “tassa sulle vacanze degli italiani”.
6) la maggioranza, scoperta con le mani nella marmellata, ha subito ritirato l’emendamento e innescando un penoso scaricabile tra i partiti della maggioranza: “sei stato tu! Io non lo sapevo!”, “macché! Io ero al mare! Sei stato tu!”.
In tutto questi passaggi – tutti – sono condensati i difetti storici della politica italiana.
1) le strade non sarebbero in condizioni pietose se lo Stato si dedicasse a fare non bene, ma in maniera eccellente, i compiti a cui è tenuto e lasciasse stare le numerose incursioni in terreni che non gli sono propri. Così le risorse potrebbero essere concentrate lì, con beneficio per tutti.
2) in attesa di questa rivoluzione liberale, è stupefacente pensare che neanche per reperire 90 milioni (lo 0,007% delle uscite annuali della pubblica amministrazione) si pensi a provare a ridurre le spese, invece che rivolgersi subito alle tasche dei cittadini. A maggior ragione se si tratta di Anas dove, con ogni probabilità, i margini di recupero di efficienza sono enormi.
Potremmo fermarci qui: questi sono i due motivi per cui il Partito Liberaldemocratico era contrario all’aumento dei pedaggi.
Ma noi, si sa, siamo un po’ pedanti. Non ci accontentiamo di partecipare alla gara della raccolta del consenso, e vorremmo capire perché la politica italiana è diventata un tale circo.
Facciamo quindi finta che i due punti precedenti non esistano, e andiamo avanti col ragionamento.
Ma perché la maggioranza, invece di fare le cose di nascosto, non ha spiegato chiaramente agli italiani che quel piccolissimo sacrificio (meno di un caffè per ogni 1.000 km percorsi) serviva a migliorare le strade provinciali, percorse magari proprio dai segmenti più deboli e con le auto meno nuove?
Perché non ha pubblicato l’elenco delle strade che sarebbero state sistemate?
(Noi saremmo stati comunque contrari, per i punti 1) e 2); ma almeno sarebbero stata una cosa seria).
E perché l’opposizione di sinistra ha subito imitato il peggior populismo di destra parlando di “stangata”, di “tassa sulle vacanze”?
A questa domanda, purtroppo, è più facile rispondere: perché a parti invertite il centrodestra avrebbe fatto la stessa cosa, se non peggio.
Perché la politica italiana è diventata una eterna gara a chi è più populista: chi , da maggioranza, ha subito il populismo ora non vede l’ora – da opposizione – di ripagare con la stessa moneta.
E intanto i problemi – dal fisco alle strade, dalla sanità alla scuola – rimangono lì.
Questo circolo vizioso si romperà solo quando l’atteggiamento populista smetterà di essere premiato dagli elettori.
Noi vi aspetteremo lì.