«La politica ignora il nuovo Patto Ue: subito al lavoro per riscrivere le regole»

la mia interista a Il Sole 24 Ore del 30 maggio 2024

Ieri la Camera ha discusso di riforma delle regole fiscali Ue approvando la mozione di maggioranza che chiede al Governo di coinvolgere in pieno il Parlamento nel Piano di bilancio strutturale e la parte del documento di Italia Viva che impegna l’Esecutivo a «individuare un percorso condiviso» con le Camere verso «un pacchetto di interventi normativi» per tradurre in pratica il nuovo Patto e aumentare «trasparenza, efficacia e accountability» del bilancio. Quest’ultimo documento è a prima firma di Luigi Marattin, il deputato di Iv che ha promosso l’indagine conoscitiva sulla riforma.

Con quali risultati? Quali nodi restano aperti?

Ci sono una serie di passaggi obbligati: rivedere la struttura dei documenti di programmazione, allungarne l’orizzonte da 3 a 5 anni, riordinare i vincoli attorno al nuovo aggregato della spesa netta, adottare le previsioni a politiche invariate invece che a legislazione vigente. Ma è anche l’occasione – che non tornerà più per decenni – di migliorare tutto il nostro ordinamento di finanza pubblica. Inserire in Costituzione il principio della sostenibilità del debito, accorpare Nadef e Dpb e anticipare la legge di bilancio, inserire la valutazione obbligatoria ex-post delle principali politiche pubbliche, accelerare il passaggio alla contabilità economica per tutta la Pa, aggiornare la legge di contabilità nazionale. 

Quindi quali devono essere i prossimi passi secondo lei?

Proporrò alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato di approvare un documento finale che abbia solo due punti. Il primo è una disciplina speciale per la prima applicazione delle nuove regole, tra poco più di 12 settimane. Entro il 20 settembre il Governo dovrà presentare il Piano di Bilancio, che fissa in modo irrevocabile l’andamento della spesa per 5 anni; ma avendo ancora la Nadef il 27 settembre e il Dpb il 15 ottobre – e considerato come funziona ormai il rapporto tra esecutivo e legislativo – c’è il rischio di incasinarci seriamente. Il secondo punto è proporre al Governo di nominare una commissione tecnica in cui inserire un rappresentante per ogni gruppo, per preparare un pacchetto legislativo con le riforme necessarie, da inviare in Parlamento dopo la sessione di bilancio per essere approvato entro marzo e andare a regime in tempo per la programmazione 2026.

Qual è l’impatto più profondo della nuova governance?

Ne scelgo due, tra i tanti. Ci verrà chiesto di decidere ora l’andamento della spesa pubblica per 5 anni; in un Paese che ormai fatica a programmare a 5 settimane, e che ha sempre usato la spesa come strumento di consenso a brevissimo termine. E sparirà il termine «tesoretto»: se l’economia va meglio del previsto, le entrate aggiuntive non potranno più essere spese. Ma se va peggio, non sarà necessario correggere il deficit. Occorrerà quindi molta più attenzione a come si fanno le previsioni, per evitare comportamenti opportunistici.

Qual è la consapevolezza della politica, a partire dal Governo?

Zero. La politica in Italia è ormai solo pubblicità (spesso ingannevole) di prodotti a consumo immediato. Non si occupa più dei temi importanti e delle prospettive di lungo periodo, li considera noiosi e poco utili al consenso. Salvo poi dare la colpa ai tecnici quando i nodi vengono al pettine. 

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