Riforma della riscossione: è davvero un regalo agli evasori?

Spoiler: no, è una buona riforma, in linea con l’approccio degli anni passati.
Ma si può migliorare qualcosa.

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Ieri il Consiglio dei Ministri ha varato un nuovo decreto legislativo della delega fiscale.

Stavolta riguarda la riforma della riscossione, un tipico tema da curve ultra’ (“tu sei un difensore degli evasori!”, “e tu sei Dracula!”).

Noi liberal-democratici abbiamo sempre tenuto una posizione chiara sul tema: la riscossione non funziona, e va riformata nel profondo, bilanciando con pragmatismo la “faccia buona” del fisco con quella cattiva.

Ma vediamo meglio cosa fa il decreto governativo. Come al solito, in dieci domande e risposte.

1) CI SONO DEI CONDONI?

No. In nessun punto si cancellano imposte dovute.

2) MA HO LETTO CHE LE CARTELLE CHE NON SONO RISCOSSE DOPO 5 ANNI, SI CANCELLANO!

Non si cancellano.

Semplicemente, sui nuovi crediti (maturati dopo il 1 gennaio prossimo), se dopo cinque anni l’Agenzia delle Entrate non è riuscito a riscuotere quel credito (perché il debitore non esiste più, l’azienda è fallita, non vi sono beni aggredibili ecc), il credito ritorna all’ente a cui i soldi erano dovuti (il comune, l’INPS, ecc).

3) E TI SEMBRA UNA COSA GIUSTA?

Sacrosanta.

Se un debito non si incassa (o meglio, se non iniziano le operazioni di incasso) in 5 anni, è inutile tenerlo ad ammuffire nel magazzino: è così che siamo arrivati a 1200 miliardi di crediti non riscossi, la stragrande maggioranza dei quali inesigibili.

Col nuovo meccanismo, dopo 5 anni il credito ritorna all’ente che aveva richiesto l’intervento dell’Agenzia delle entrate per la riscossione coattiva: sarà lui a valutare se sono intervenute modificazioni nella situazione patrimoniale del debitore (e in caso affidarlo alla riscossione privata) oppure se quel credito semplicemente non esiste più e cancellarlo dai propri bilanci.

4) E SUI CREDITI VECCHI (QUEI 1200 MLD DI CUI SOPRA) CHE SI FA?

Il decreto affida il compito di capire che fare ad una commissione apposita, composta da corte dei conti, dipartimento finanze e ragioneria generale dello Stato.

Va bene, a condizione che non sia il solito modo per perdere tempo: tenere un magazzino pieno di crediti che non esistono più (ma che per legge devono comunque essere “lavorati”) sottrae tempo e risorse alla caccia ai crediti che, invece, sono vivi e vegeti ma che nessuno va a cercare.

5) HO LETTO CHE SI AMPLIA DI MOLTO LA POSSIBILITÀ DI RATEIZZARE LE CARTELLE.

Si.

E si fa bene (sul punto era già intervenuto, durante il governo Draghi, un emendamento del sottoscritto che aveva portato le rate a 72 mensili).

Per chi si limita ad auto-dichiarare di essere in difficoltà (senza fornire prove), le rate entro cui è possibile dilazionare il debito passano gradualmente dalle attuali 72 a 108 a partire dal 2029.

Per chi invece documenta la propria difficoltà con l’Isee o con dati contabili, le rate diventano immediatamente 120.

6) MA È GIUSTO CONCEDERE 10 ANNI PER PAGARE LE CARTELLE?

Dipende da come lo fai.

In linea generale, nessuna impresa deve trovarsi di fronte all’interrogativo se pagare le tasse o pagare i fornitori o i dipendenti.

Tuttavia c’è una cosa che è necessario fare per rendere il meccanismo più giusto.

7) QUALE?

Troppo contribuenti, negli ultimi anni, hanno aderito alla rateizzazione, hanno pagato la prima rata, e poi sono spariti. Ce lo dicono i dati recentemente pubblicati sulle 4 “rottamazioni” che si sono succedute negli ultimi dieci anni.

Per evitare questa situazione, occorre che la riscossione diventi effettivamente efficace.

8 ) COSA VUOI DIRE?

Se il fisco fa la “faccia buona” (concedere 10 anni per pagare una cartella), poi deve fare anche la “faccia cattiva”. Altrimenti il sistema si squilibra.

Se poi non mi paghi le rate (o, prima ancora, se non contesti il debito e non chiedi la rateizzazione), il fisco deve avere gli strumenti per recuperare forzatamente e velocemente quelle somme.

Ad una condizione: tutti i miglioramenti strutturali della fedeltà fiscale devono obbligatoriamente (e non facoltativamente, come ora) essere destinate a ridurre la pressione fiscale, come dice un disegno di legge a mia prima firma che da tempo è depositato in parlamento.

9) MA IL GOVERNO SU QUESTA “FACCIA DURA” COME LA PENSA?

La norma sul rendere efficace la riscossione era stata inserita nella delega fiscale. Poi il tema è stato illuminato dal “fascio di luce mediatico” ed è iniziata la sfida delle curve ultra.

Ma il concetto, rafforzato anche in legge di bilancio, è rimasto. Ora spetta al governo dimostrare che può metterlo in pratica.

A dire il vero, ha già iniziato. In questo decreto legislativo, c’è un passaggio epocale. Che immagino nessuno nel centrodestra avrà interesse a pubblicizzare.

10) ADDIRITTURA? E QUALE?

Finora il sistema funzionava così: prima l’Agenzia delle Entrate procedeva all’accertamento delle tasse non pagate (cioè la contestazione del credito). Poi, in una fase successiva, c’era la riscossione.

Con questo decreto, si procede ad una rivoluzione: cancellando l’iscrizione al ruolo, si concentrano queste due fasi in una unica: l’accertamento esecutivo.

Cioè si rende più veloce e snella la riscossione delle tasse non pagate: ti contesto il credito e, contestualmente, ti impongo di pagare (ovviamente fatti salvi tutti gli strumenti, vecchi e nuovi, di tutela del contribuente).

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CONCLUSIONI

Il decreto, ben distante dalle panzane di campagna elettorale, prova a tenere in equilibrio la “faccia buona” e la “faccia cattiva”. E come tale secondo me va sostenuto.

Con alcune proposte di miglioramento: la fase di “dimostrazione di difficoltà “ (ad esempio presentando l’Isee) si presta a molta burocrazia e ambiguità. Pensiamoci bene: tanto vale dare meno tempo, ma senza burocrazia manipolabile.

E in secondo luogo, la politica non abbia paura del populismo facile: un sistema serio sa agevolare il contribuente onesto, ma ha il coraggio di perseguire davvero quello che non fa altro che prendere in giro lo Stato.

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