Si è fatto credere agli italiani che un debito così alto (140% del Pil) ormai sia impossibile da abbattere.
Pertanto, cavoli altrui. Se davvero dovessimo finire nei guai, ci penserà qualcuno ad aiutarci. Non il Mes, certo (perché quello è cattivo). La Bce, forse. Magari Babbo Natale.
Un debito così alto ha almeno due problemi (per noi, non per gli “altri”):
1) impiega risorse (l’anno prossimo 88 miliardi) che – invece di andare a welfare, sanità, scuola, imprese – devono andare a “pagare il mutuo”.
2) ci rende più vulnerabili: viviamo in un mondo pieno di shock imprevisti, e con un debito del genere se dovessimo trovarci nella condizione di dover spendere tanto e subito, non potremmo farlo (come accadde nel 2008 con la grande crisi finanziaria).
Ma davvero abbattere il nostro debito pubblico è una “mission impossible”?
Fissiamo un obiettivo: il 2043, tra vent’anni.
Ipotizziamo che non ci siano grossi peggioramenti rispetto alla situazione attuale sui tassi di interesse ( = costo medio del debito attorno al 3%), e che si completi il percorso di rientro dall’inflazione al valore-obiettivo ( = inflazione attorno al 2%).
Con queste condizioni, tra 20 anni il debito pubblico può essere intorno al 90% del Pil.
Se, però, accadono due cose:
1) la crescita media annua del Pil sia intorno al 1,5%
2) l’avanzo primario sia intorno al 2%
Irrealizzabile?
La prima condizione si è realizzata durante i 3 anni del governo Renzi.
La seconda condizione si è realizzata, in quei termini, durante il governo Monti: ma in modo persino più marcato in precedenza, durante gli ultimi 25 anni.
Siamo quindi già stati capaci di farlo: perché non dovremmo essere in grado di farlo ancora?
Certo, quelle due condizioni hanno bisogno di azioni precise per essere raggiunte.
Nella fattispecie, la crescita del 1,5% annuo può essere raggiunta solo se il Pnrr colpirà “nei punti giusti” e se l’Italia deciderà di mandare al diavolo conservatorismi e corporazioni di tutti i tipi e aprirsi al dinamismo, al mercato, alla concorrenza e alla semplificazione.
E l’avanzo primario tornerà al 2% se saremo in grado di far rientrare tutto l’enorme aumento di spesa pubblica degli ultimi anni e usare, finalmente, i soldi pubblici perlomeno nello stesso modo in cui ognuno di noi utilizza i soldi duramente guadagnati. Oltre, ovviamente, a non avere timori o paure nel contrastare efficacemente l’evasione fiscale.
Ah, e poi serve la cosa più importante di tutte; un’offerta politica che abbia il coraggio di dire questo agli italiani in campagna elettorale, e non invece cercare di carpirne il consenso con le cialtronate che abbiamo visto – a “destra” e a “sinistra” – in questi anni.