Se vogliamo costruire il partito liberal-democratico la battaglia da fare è culturale prima che politica.

La mia intervista del 12 giugno 2023 con Antonella Coppari per QN – Il giorno – Il Resto del Carlino – La Nazione

Sabato, chiudendo l’assemblea nazionale a Napoli, Matteo Renzi ha annunciato la nomina di Raffaella Paita come coordinatrice nazionale di Italia viva. Onorevole Luigi Marattin, perché lei e l’ex ministra Elena Bonetti avete contestato solo 24 ore dopo la scelta?
«Non potevo commentare durante l’assemblea una comunicazione che è stata data a fine assemblea, quando il dibattito era concluso e non più possibile. Fin da bambino sogno di predire il futuro ma, ahimè, non ci sono ancora riuscito».

Per Renzi, però, questa nomina è nei poteri del presidente.
«Non è una questione formale, ma politica. Se ad ottobre gli iscritti saranno chiamati a eleggere il coordinatore comunale, provinciale e regionale (in una gara aperta e contendibile), non è chiarissimo perché invece il coordinatore nazionale debba essere nominato senza dibattito e senza preventiva informazione alla fine di un’assemblea».

Quindi? C’è un problema di uomo solo al comando?
«No, questa è una paura ancestrale di una sinistra logora. In politica i leader forti sono essenziali, lo sono stati in tutti i Paesi. Il problema nasce quando i partiti – come è successo in Italia dal 1994 in poi – diventano i fan club del leader, e nient’altro. Per me invece un progetto politico è fatto di quattro elementi: leader, classe dirigente, contenuti, e organizzazione. In un contesto contendibile, dove a un partito ci si iscrive perché si aderisce alla visione di società che quel partito esprime, e non perché si è fan del fondatore.»

Molti vi accusano di voler trattare con Calenda. Non avete rinunciato al partito unico? 
«Sono convinto che né Iv né Azione, da sole e magari in conflitto, siano in grado di esprimere una prospettiva politica compiuta e all’altezza del compito che ci attende. Per questo lottato e lotterò per la costruzione di un partito liberal-democratico e riformista in grado di superare le distorsioni che la politica ha vissuto negli ultimi anni, dal populismo alla scomparsa dei partiti.»

Renzi insomma ha sbagliato. 
«Ritengo Renzi la più grande intelligenza politica che l’Italia abbia vissuto, e sono grato a lui per quello che ha fatto – e spero continui a fare – per il mio Paese. Su alcuni punti e su alcune prospettive ho una opinione diversa da lui. Non ho mai pensato fosse un crimine, e non lo penso tuttora».

È in discussione la vostra permanenza dentro Iv? 
«Comincio a pensare che a qualcuno piacerebbe, ma al momento assolutamente no». 

Questa ennesima divisione conferma che costruire un Terzo polo è un’impresa che sembra sovrumana. Perché?
«Veniamo da 30 anni di partiti personali. O, è il caso del PD, partiti che per sfuggire a questa deriva sono diventati confederazioni di partiti personali. Anche su questo la battaglia che ci attende è culturale prima che politica, e quindi di lungo termine. Non ne sono spaventato». 

Con il PD di Elly Schlein che guarda a sinistra ci sono ancora spazi di dialogo? 
«Sulle riforme istituzionali sì, come con tutti gli attori politici in gioco. Su tutto il resto, a parte specifici sporadici temi, la mia opinione è un deciso no.»

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