Autonomia differenziata: breve guida per orientarsi nel dibattito

Come spesso accade in Italia, anche il dibattito sull’ “autonomia differenziata” si è da tempo ridotto ad uno scambio di cori ritmati da curve ultra’.

Se sei nella curva Sud la vedi come la più grande tragedia mondiale.

Se sei nella curva Nord, la vedi come il realizzarsi di un giardino dell’Eden dove trionferanno giustizia e libertà.

Proviamo a raccogliere un po’ di informazioni – nel consueto formato di domande e risposte – per permettere a ciascuno di formarsi una opinione in merito.


1) DI CHE SI TRATTA?

Dopo la riforma del 2001, la Costituzione italiana prevede che le funzioni pubbliche siano così divise:

a) 17 in capo allo Stato centrale.

b) 20 in capo un po’ allo Stato (per la determinazione dei principi fondamentali) e un po’ alle Regioni (per la potestà legislativa).

c) tutte le altre in capo alle Regioni

La stessa Costituzione dice che le 20 funzioni del punto b) + 3 del punto a) possono essere attribuite interamente alle Regioni.

2) E QUALI SONO QUESTE 23 FUNZIONI?

Le 3 funzioni statali – di cui lo Stato si priverebbe completamente – sono:

a) la giustizia di pace
b) istruzione
c) tutela dell’ambiente, dell’eco sistema e dei beni culturali

Le 20 funzioni “concorrenti” – in cui lo Stato concederebbe ulteriori forme di autonomia – vanno dai rapporti internazionali alla previdenza complementare, dalle grandi reti di trasporto all’ordinamento sportivo, dall’energia alla ricerca scientifica, dalla tutela della salute ai porti e aereoporti, e altre ancora.

3) E COME FUNZIONA, OGNI REGIONE SCEGLIE QUALI FUNZIONI RICHIEDERE?

Si.

Teoricamente è possibile che una regione ne chieda 5, un’altra ne chieda 10 (magari non coincidenti con le 5 dell’altra regione), una tutte e 23, un’altra una sola.

4) COME AVVIENE LA “TRATTATIVA”?

Secondo la bozza del disegno di legge predisposta dal Ministro Calderoli, la Regione fa la richiesta e inizia a trattare col governo.

Quando arrivano ad un’intesa preliminare, viene sentito il parere – non vincolante – della Commissione bicamerale per le questioni regionali, e poi la regione approva l’intesa definitiva.

Infine, il governo tramuta l’intesa in un disegno di legge che il Parlamento può solo approvare o respingere, a maggioranza assoluta.

5) QUINDI IL PARLAMENTO ENTRA NEL MERITO DELL’INTESA SOLO CON UN PARERE NON VINCOLANTE DI UNA COMMISSIONE MINORE?

Esatto.

6) MA SE AD UNA REGIONE VIENE TRASFERITA UNA FUNZIONE, BISOGNA TRASFERIRE PURE I SOLDI PER SVOLGERLA, GIUSTO?

Certo. E qui entriamo nella questione economica.

7) ENTRIAMOCI!

Immaginate che la funzione X venga trasferita a Campania e Lombardia.

Fino ad oggi lo Stato – per svolgere la funzione X in quei territori – ha speso in media ogni anno 100 euro all’anno in Lombardia e 100 euro in Campania.

Questa si chiama “spesa storica”.

Se si segue questo criterio, a seguito della devoluzione della funzione X, lo Stato deve riconoscere a Lombardia e Campania una quota di tributi statali (di cui ovviamente già non godono) pari a 100 euro all’anno a testa.

8 )E COSA C’È CHE NON VA CON QUESTO METODO?

Si basa esclusivamente su quanto avvenuto in passato.

Nessuno può sapere se lo Stato faceva “bene” o “male” a spendere 100 euro all’anno per la funzione X in Lombardia e in Campania.

9) E ALLORA CHE ALTRO METODO È POSSIBILE?

Quello dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), la cui definizione per quanto riguarda “le prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” devono essere calcolati dallo Stato e garantiti su tutto il territorio nazionale.

E ad oggi questo non è ancora avvenuto, anche per la non-estrema-facilita nel tradurre questo sacrosanto concetto in numeri ed euro.

10) COME FUNZIONA, NEL NOSTRO ESEMPIO, IL METODO DEI LEP?

Per la funzione X si calcola qual è il livello di spesa che garantisce il livello della prestazione che deve comunque essere garantito.

Ipotizziamo che sia 80 in Lombardia e 120 in Campania.

Allora lo Stato trasferisce a queste due Regioni non una quota di tributi corrispondenti al costo storico (che era 100 a testa), bensì una quota corrispondente a 80 in Lombardia e 120 in Campania.

11) E LA BOZZA DI CALDEROLI QUALE METODO SCEGLIE?

Il metodo della spesa storica.

Però dice che entro un anno dall’approvazione del disegno di legge, bisognerà calcolare i Lep.

12) MA IN ENTRAMBI I CASI È TUTTO CHIARO QUELLO CHE SUCCEDE?

Per niente.

Se si sceglie il metodo della spesa storica (e quindi nel nostro esempio si trasferiscono quote di tributi statali per 100 euro annui a Lombardia e Campania) non è chiaro che succede nei seguenti casi:

A) se la Campania si dimostra più efficiente dello Stato – e svolge la funzione X ad un costo di 80 – i 20 euro in più se li tiene?

B )se la Lombardia si dimostra più inefficiente dello Stato – e spende 120 – per trovare i 20 euro in più si arrangia?

C) se la base imponibile del tributo trasferito invece di dare 100 da’ 90 (a seguito di una recessione), quei 10 euro di differenza sono a carico della Regione?

D) e nel caso opposto – la base imponibile da’ 130 a seguito di una decisione di politica economica nazionale su quel territorio – quei 30 euro in più la regione se li tiene?

13) E SE SI SCEGLIE IL METODO LEP?

Sarebbe indubbiamente più appropriato dal punto di vista teorico (“io Stato ti garantisco quello che serve per offrire il servizio garantito, se vuoi offrire di più pagatelo da solo”) ma dal punto di vista pratico enormemente più complicato. E comunque, i punti C) e D) di cui sopra rimarrebbero.

14) DI TUTTI QUESTI PROBLEMI IL PARLAMENTO POTREBBE DISCUTERE, GIUSTO?

No. Vedi punto 4).

15) MA SCUSA, TORNIAMO ALLA DOMANDA 1). MA A TE PARE POSSIBILE CHE NON CI SIA A MONTE CHIAREZZA SU “chi fa cosa” E CON QUALI SOLDI?!

No. Ma in Italia le riforme (istituzionali, fiscali, dei mercati, della pubblica amministrazione) non si fanno per far funzionare meglio la Repubblica.

Ma solo per piantare qualche bandierina per le prossime elezioni o per il prossimo sondaggio.

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