Per rispondere all’Abi servono proposte realistiche e un vero partito riformista

Intervista di Barbara Acquaviti, “il Messaggero”, 11 agosto 2022.

Onorevole Luigi Marattin, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha inviato ai partiti una lettera in cui sottolinea che «siamo ancora in emergenza e occorre crescere». Lei è presidente della commissione Finanze della Camera e esponente di spicco di Italia Viva, come risponde a questo appello?
Ha pienamente ragione. Il rimbalzo post-Covid sta andando meglio della media Ue ma dobbiamo guardare ai trend di lungo periodo. Le ragioni del ritardo strutturale di crescita dell’Italia risiedono soprattutto in due fattori: il tasso di occupazione femminile – inferiore in media di 13 punti all’area euro – e la dinamica della produttività, sostanzialmente allo stesso livello di fine anni 80. Spero che tutti i partiti politici che si presentano alle elezioni abbiano proposte realistiche su entrambi i punti.

Come si mantiene il ruolo di guida in Europa?
Presentando una classe dirigente competente e credibile. L’Italia negli ultimi 10 anni ha subito una sbornia: quella di credere che per far politica non occorresse merito e competenza. Ma il populismo dei M5S ha solo dato il colpo di grazia a una dinamica pluridecennale di crisi di formazione, selezione e ricambio di classe dirigente. Spero che il 25 settembre gli italiani dimostrino che la stagione dell’ignoranza e dell’approssimazione è finita per sempre.

Patueili ha parlato anche del rischio che si vada in esercizio provvisorio. È un allarme fondato?
Dal 13 ottobre in poi vanno eletti i presidenti delle Camere, formati i gruppi parlamentari, le commissioni e i presidenti, le consultazioni per il governo, l’insediamento e i relativi uffici. Poi occorre scrivere la legge di bilancio, approvarla in Cdm, trasmetterla al parlamento, fare la fase conoscitiva, la fase emendativa e l’approvazione. Almeno due volte. Pensare di farlo in 70 giorni è quantomeno ambizioso. Ma ci dovevano pensare Lega e Forza Italia prima dl far cadere il governo Draghi.

Sono ore decisive per l’alleanza con Azione. Sarebbe solo un’intesa elettorale o un progetto per il futuro?
L’auspicio di molti, sia dentro che fuori dal palazzo, è che si possano superare gli ostacoli e che si arrivi a un accordo entro oggi. Sarebbe l’avvio del processo che porterà l’Italia ad avere, finalmente, un grande partito liberaldemocratico e riformista. Lontano sia dal populismo sovranista di destra – che negli ultimi anni ha preso sopravvento sull’ala moderata di quella coalizione – sia da una coalizione di sinistra incapace di abbandonare il massimalismo sindacale e contaminato dai populismi, come dimostra l’amore, per il momento sospeso. con il M5S.

Il Pd vi accusa di fare il gioco della destra. Può spiegare perché ritiene non sia così?
La sinistra fa come Trapattoni: gioca sempre con lo stesso modulo, con la differenza che almeno il Trap vinceva. Vale a dire, costruire coalizioni gigantesche con tutti dentro – e con l’ossessione di non lasciare fuori nessuno a sinistra – in cui però convivono opinioni diametralmente opposte, e che infatti poi non riesce mai a governare anche quando gli capita di vincere le elezioni: chi vuole abbassare le tasse e chi alzarle. Chi è filo-americano, e chi anti-americano. Chi contro termovalorizzatori e rigassificatori, e chi a favore. Chi per aumentare la presenza dello Stato e chi per ridurla. Queste elezioni si giocano su un punto molto semplice: indurre 3 milioni di elettori di centrodestra, disgustati da quello che hanno fatto a Mario Draghi, a votare qualcos’altro. Non vedo come si possa pensare che questo qualcos’altro possa essere una coalizione con dentro chi si dichiara orgogliosamente comunista.

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