Con la crisi di governo saltano aumento stipendi e riforma fiscale

Intervista a cura di Stefano Rizzuti per money.it

Luigi Marattin, deputato di Italia Viva, rilancia l’area riformista e a Money.it spiega che con la crisi di governo salteranno le riforme e l’aumento degli stipendi.
La crisi di governo e le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, non scoraggiano Italia Viva e l’area di centro: “L’area riformista nasce, non finisce” con la crisi, assicura in un’intervista a Money.it il deputato Luigi Marattin.

Per Marattin “questi ultimi anni sono stati un incubo populista dal quale il Paese deve uscire”. Ma intanto bisogna affrontare la realtà, molto dura dal punto di vista economico. Con la fine dell’esperienza di governo si mettono a rischio – sottolinea il deputato di Iv – la prossima tranche del Pnrr, una manovra espansiva, le riforme come quella fiscale e salta anche il decreto stipendi atteso a fine luglio, che avrebbe dovuto aumentare il netto in busta paga per molti lavoratori.

Con la fine del governo Draghi il campo del centro rischia di soffrire la mancanza di una figura, come quella di Draghi, su cui si era in parte unito?

Con la fine del governo Draghi l’area riformista nasce, non finisce. Nasce come progetto politico che dirà chiaramente agli italiani che il danno fatto ieri dai due populismi (quello di M5s e Lega/Forza Italia) è stato l’ultimo che gli sarà consentito di infliggere al nostro Paese. L’ultimo di una lunga serie.

Quali sono le prospettive per Italia Viva in vista delle elezioni?

Costruiremo un’offerta politica autenticamente riformista che parlerà molto chiaro agli italiani, dicendo loro che questi ultimi anni sono stati un incubo populista dal quale il Paese deve uscire senza ambiguità e senza indecisioni. Ci porremo in continuità con il servizio che Mario Draghi ha offerto al Paese in questi 18 mesi e daremo voce a tutti coloro che non si rassegnano a lasciare l’Italia in mano a chi è stato capace di tutto questo.

A livello economico, quali sono le possibili conseguenze di questa crisi? Ci sono timori sulla tenuta economica del Paese?

Il voto in autunno elimina la possibilità di una manovra di bilancio espansiva, di rispettare gli obiettivi di dicembre del Pnrr (e quindi incassare la corrispondente rata di 20 miliardi) e fa decadere una serie di cruciali riforme strutturali che erano a un passo dall’approvazione: dal fisco alla concorrenza, dalla giustizia civile al codice degli appalti, dalla giustizia tributaria alla riforma della riscossione. Il tutto avviene nel momento in cui l’inflazione è al massimo da 40 anni, continua la guerra in Ucraina e la Bce dopo 10 anni rialza i tassi di interesse (dopo aver smesso 20 giorni fa di comprare – dopo 7 anni – titoli di Stato sul mercato secondario). Mettete pure tutte queste cose sul conto di M5s e Lega/Forza Italia.

Entro fine luglio era atteso un decreto sull’aumento degli stipendi e su altre misure per sostenere le famiglie: salta tutto o c’è ancora qualche possibilità?

In caso di governo in carica solo per il disbrigo di affari correnti, ovviamente salta. Assicuratevi di mettere anche questo nel conto di cui sopra.

E cosa succederà da settembre sul fronte energia e inflazione con un governo in carica solo per gli affari correnti?

Nessuno è in grado di dirlo oggi.

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