Che lezione trarre davvero dalle elezioni in Portogallo

(ammesso – e ne ho sempre dubitato – che sia possibile paragonare contesti politici e paesi diversi). 
Piccola illustrazione, non certo per spegnere i facili entusiasmi che vedo tra alcuni colleghi, ma per informare meglio. 


Fin dai primi exit poll di ieri, sui social è tutto un fiorire di felicitazioni per la vittoria, alle elezioni politiche in Portogallo, del Partito Socialista del premier Costa. Che ha ottenuto da solo la maggioranza assoluta dei seggi. 

Per quanto conti (poco), e per quanto io conosca in dettaglio la realtà portoghese (ancora meno), anche per me è un risultato positivo: i governi guidati da Costa sono stati protagonisti di un riformismo pragmatico e incisivo che ha migliorato le condizioni economiche e di competitività di un paese che fino a 10 anni fa era a pieno titolo nei PIGS, i malati d’Europa. 

Ma molti colleghi che festeggiano sembrano suggerire (magari non esplicitamente) un collegamento con la situazione politica italiana: i socialisti vincono in Portogallo, quindi vinceranno anche in Italia. 

Ma prima di fare parallelismi (sempre pericolosi), occorrerebbe però almeno indagare un pochettino più a fondo che cosa ha portato alle elezioni anticipate in Portogallo. 

Proviamoci. 

Fino all’autunno scorso c’era un governo guidato dal partito socialista ma che era in piedi grazie al decisivo appoggio di due partiti di sinistra radicale: il Partito Comunista e il Blocco di Sinistra. 

I quali avevano chiesto l’inclusione nella Legge di Bilancio 2022 di 9 emendamenti su temi fondamentali (lavoro, sanità, pensioni, salario minimo) ma dai contenuti populisti e demagogici, tanto che il premier Costa aveva detto “neanche con 10 leggi di bilancio riusciremmo a realizzare quello che stanno chiedendo”. 

E allora quei due partiti di sinistra radicale hanno fatto cadere il governo. Alle elezioni politiche, il premier Costa ha chiesto il voto per poter governare senza i condizionamenti della sinistra radicale e di chi ha scambiato la politica per una gara a chi la spara più grossa, con lo slogan più populista e più demagogico. 

Ed ha vinto. 

Ho detto prima che non avrei fatto paralleli con l’Italia, e manterrò la promessa. 

Tuttavia, solo un messaggio finale: se proprio volete raccontare un’esperienza straniera come modello o guida (o forse auspicio) per quello che deve accadere in Italia, beh… almeno raccontatela tutta.

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