Altre 5 domande e 5 risposte per orientarsi un po’ meglio sul fisco

1) È VERO CHE SI INTENDE CANCELLARE IL BONUS 80 EURO INTRODOTTO NEL 2014 DAL GOVERNO RENZI E RAFFORZATO NEL 2020 DAL GOVERNO CONTE?

No.

Semplicemente si completa il passaggio formale da erogazione diretta a detrazione fiscale.

2) E CHE BISOGNO C’ERA DI FARLO?

Tre motivi:

a) un bonus può sempre essere cancellato con un tratto di penna, con una detrazione strutturale unica, essendo “incastrata” nel sistema fiscale, e’ un po’ più difficile.

b) un bonus crea salti di aliquota marginale effettiva, che vengono invece evitati in caso in cui quel beneficio sia inserito nella detrazione strutturale.

c) la nostra irpef, nel suo cinquantesimo compleanno, ha bisogno di diventare un po’ più semplice e lineare: (meno) aliquote e scaglioni, (più pesanti) detrazioni. Senza troppe complicazioni.

3) E LA RIFORMA SI LIMITA AD ASSORBIRE IL BONUS NELLE DETRAZIONI?

No.

In aggiunta a questo, si impiegano 7 miliardi di euro all’anno per rendere la nostra Irpef anche più leggera, oltre che più semplice.

4) HO LETTO CHE NON TUTTI I VANTAGGI VERRANNO CONCENTRATI SUI REDDITI BASSISSIMI.

È UNA COSA NECESSARIAMENTE BRUTTA?

No, per i seguenti motivi:

a) chiunque abbia studiato la struttura dell’Irpef (noi parlamentari lo abbiamo fatto per 6 mesi) sa che la fascia di reddito di gran lunga più penalizzata è quella tra i 30.000 e 55.000 euro annui.

A chi pensa che questi livelli di reddito – che corrispondono, in media, a 2.000 euro netti al mese – descrivano una persona benestante, consiglio un approfondito giro nel mondo reale.

b) le fasce di reddito più basse – per quanto riguarda il lavoro dipendente – hanno già ricevuto 16 miliardi annui di sgravi fiscali: 10 dal 2015 con gli 80 euro di Renzi, e altri 6 dal potenziamento del Conte II.

c) e in aggiunta ciò, dal 2022 l’introduzione dell’assegno universale unico – voluto dalla ministra Bonetti – attribuisce ulteriori 6 miliardi all’anno di benefici netti. Anche se questi ultimi sono attribuiti sulla base dell’Isee (e non del reddito individuale, come accade per l’Irpef), essi andranno in misura prevalente ai meno abbienti.

Insomma: una misura di politica economica (in questo caso, i 7 miliardi sull’Irpef) non si guarda come se la storia iniziasse e finisse con lui, ma in congiunzione con le altre adottate nel recente passato (bonus 80 e 100 euro) o in contemporanea (assegno universale unico).

5) CONTINUO A LEGGERE DI VANTAGGI IRRISORI IN BUSTA PAGA.

Chiariamoci bene:

a) l’Irpef è un’imposta da 170 mld, pagata da 30 milioni di persone: ne deriva che se vogliamo una riforma che dia vantaggi nell’ordine di centinaia di euro al mese, dobbiamo spendere decine di miliardi, non certo 8.

E questo sarà impossibile finché tante forze politiche a chiacchiere parlano sempre di voler ridurre le tasse, ma poi ai tavoli governativi mettono come priorità i sussidi, i pre-pensionamenti, le assunzioni, i bonus edilizi.

b) la maggior parte delle simulazioni uscite sulla stampa si limitano a calcolare il beneficio derivante dal rifacimento di aliquote e scaglioni; ma come ripetuto più volte, a cambiare (in senso favorevole al contribuente) sono anche le principali detrazioni previste nel nostro sistema, quelle per le tre tipologie di reddito: lavoro dipendente, lavoro autonomo e pensione. Essendo questa detrazione determinata da una formula matematica, non è stato possibile spifferarla ai giornalisti, che pertanto si sono limitati a fare i conti di solo due benefici sui tre effettivamente presenti.

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