Bologna, oltre la retorica

Anche oggi, 2 agosto, assistiamo alla sfilata di ricordi, di frasi fatte, di richieste di verità (richieste “forti”, quando proprio si esagera). Così come accade ogni 16 marzo, 9 maggio, 27 giugno, 23 maggio, 19 luglio, 12 dicembre e tante altre date ancora.

E da domani, 3 agosto, tutto sarà dimenticato, e torneremo a parlare d’altro. Come ogni 17 marzo, 10 maggio ecc.

Ma cosa sappiamo esattamente di cosa accadde alla stazione di Bologna quella mattina di 41 anni fa, quando persero la vita 85 persone?
La giustizia si è pronunciata, in maniera definitiva, su due aspetti:

a) la condanna definitiva all’ergastolo di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (terroristi appartenenti a organizzazioni di estrema destra) come esecutori materiali della strage. Tutti e tre sono liberi da diversi anni.
b) la condanna definitiva di Licio Gelli (capo della loggia massonica P2) e Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte, Francesco Pazienza (vertici dell’allora servizio segreto militare) per depistaggio.

In primo grado è stato anche condannato Gilberto Cavallini, altro membro di un’organizzazione terroristica di estrema destra.

Ma la novità giudiziaria più importante è molto recente.

Nell’ambito del nuovo processo nato dalle ultime indagini della Procura Generale, è stato ritrovato un video girato per caso da un turista tedesco pochi minuti prima della strage.
Questo filmato era ovviamente già stato esaminato dagli inquirenti nei decenni precedenti; però mancavano sette fotogrammi, che erano stati accuratamente eliminati.
Quei sette fotogrammi sono da poco stati recuperati. Mostrano, pochi minuti prima dell’esplosione della bomba, aggirarsi sulla banchina del binario 1 Paolo Bellini (riconosciuto nei giorni scorsi dalla ex-moglie).

E chi è Paolo Bellini?
È un altro estremista di destra, ma un po’ particolare.
Un killer professionista, che però era a suo agio con diversi ambienti. Ad un certo punto qualcuno lo ha aiutato a scappare in Brasile, dove ha vissuto per anni con una nuova identità e un passaporto pulito.
Ricompare in Italia a inizio Anni Novanta quando – stando a quanto dice L’Espresso – in Sicilia fa l’infiltrato nella mafia per conto delle forze dell’ordine.

Secondo quanto raccontano diversi pentiti nei processi, fu lui a suggerire a Cosa Nostra di colpire il patrimonio museale italiano. Cosa che avviene puntualmente nel 1993, con gli attentati il 27 maggio a Firenze e il 27 luglio a Milano e Roma.

Il processo farà il suo corso, e accerterà se davvero Bellini era a Bologna quel giorno e, soprattutto, che cosa diavolo ci faceva.
Ma è dal punto di vista storico che la strage di Bologna sembra essere un rompicapo senza soluzione.

Quella che storicamente è riconosciuta come “la strategia della tensione” (messa in atto dal 1969 al 1978 per impedire l’ascesa al potere del partito comunista) non sembra applicarsi in questo caso: nel 1980 la Guerra Fredda stava già scemando, il PCI italiano si era rifugiato nell’ “alterita’ comunista” abbandonano ogni velleità di governo e, soprattutto, due anni prima era già stato tolto di mezzo il principale artefice del compromesso storico (Aldo Moro).

Quindi, che bisogno c’era di far saltare in aria una stazione uccidendo decine di persone e ferendone centinaia? E perché proprio Bologna?
Questa domanda non ha una risposta. E forse non ce l’avrà mai.

Qualcuno ricorda che proprio da Bologna, solo un mese prima, era partito il Dc9 che precipito’ sui cieli di Ustica, in circostanze mai chiarite. Ma chissà.

La verità su Bologna rimane nascosta nei meandri del potere, dove si annidano i segreti più inconfessabili.
Forse il modo migliore per onorare quei morti è non dimenticarsi mai, nella pratica quotidiana, di quanto brutto e terribile possa essere il volto del potere.

E lottare, fin quando possibile, affinché quel volto non prevalga mai.

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