Dieci anni fa, la politica sdoganò la menzogna. E non tornò più indietro

Esattamente 10 anni fa, oggi, gli italiani furono chiamati a votare – tra gli altri – due referendum che passarono alla storia come “quelli dell’acqua pubblica”.

Fu forse la prima campagna elettorale condotta con l’ausilio importante del web. E, forse non a caso, fu una delle campagne maggiormente piena di falsità e menzogne che questo Paese abbia mai vissuto. Che continuano tutt’oggi: basta leggere questa mattina su Il Fatto Quotidiano un articolo, su questo tema, che ripete per l’ennesima volta la narrazione populista.

Ma sveliamo, ancora una volta, perché questa narrazione – ancor oggi associata a quei due referendum – non è nient’altro che una colossale bugia.

Facciamolo con 10 domande e 10 risposte, in ossequio ai 10 anni trascorsi.

1) CHE COSA SI CHIEDEVA AGLI ITALIANI CON QUEI DUE REFERENDUM?

Due cose relativamente semplici.

Il primo quesito chiedeva se fossero d’accordo ad abolire l’obbligo di gara (o di cessione del 40% della quota societaria ad un privato) per l’affidamento del servizio idrico.

Rispondendo si, gli enti locali sarebbero tornati ad essere liberi – come accade in Europa – di scegliere se fare la gara oppure affidare il servizio con la modalità “in-house”, vale a dire ad una società interamente pubblica di cui l’ente dispone e controlla.

Il secondo quesito chiedeva se fossero d’accordo ad abolire – all’interno della tariffa del servizio idrico – la remunerazione forfettaria del 7% del capitale investito dall’azienda (pubblica o privata che fosse) affidataria del servizio.

Rispondendo di sì, il capitale sarebbe stato remunerato non più in maniera forfettaria, ma puntuale.

2) E COSA RISPOSERO GLI ITALIANI?

Risposero “si” a entrambi i quesiti, con percentuali parecchio superiori al 90%.

3) PORCA MISERIA, UN PLEBISCITO. E LA VOLONTÀ POPOLARE FU RISPETTATA?

Pienamente.

Riguardo al primo quesito, fu un po’ più difficile perché l’allora governo Berlusconi tento’ – due mesi dopo – di aggirare il risultato referendario (come molto spesso viene fatto in questo paese). Ma intervenne subito la Corte Costituzionale, e da allora ogni comune è perfettamente libero di scegliere come gestire il servizio idrico: se direttamente (con le gestioni in economia), con l’affidamento in-house o tramite una gara pubblica.

Riguardo al secondo quesito, a fine dicembre 2012 l’Autorita’ competente cambio’ il metodo tariffario, abolì la remunerazione forfettaria del 7% e la sostitui’ con un metodo puntuale, ancora in vigore.

4) SCUSA ALLORA NON CAPISCO…. E PERCHÉ DA 10 ANNI SI PARLA DI “TRADIMENTO DELLA VOLONTÀ POPOLARE”…?!

Perché i quesiti sul servizio idrico presentati dal comitato promotore erano originariamente tre.

Il terzo avrebbe voluto chiedere agli italiani di obbligare gli enti locali ad affidare il servizio idrico esclusivamente ad aziende di diritto pubblico. Non “a capitale pubblico”, eh. Ma di diritto pubblico.

Ma questo terzo quesito fu preventivamente bocciato dalla Corte per manifesta incostituzionalità, e pertanto non fu mai presentato agli elettori.

5) CIOÈ… DA 10 ANNI, PER SOSTENERE LA TESI DEL “REFERENDUM TRADITO”, SI FA RIFERIMENTO AD UN REFERENDUM CHE NON FU MAI SVOLTO…?!?

Esattamente così.

6) MA PERCHÉ IL COMITATO PROMOTORE AVREBBE VOLUTO OBBLIGARE I COMUNI O ALLE GESTIONI DIRETTE O ALL’AFFIDAMENTO A SOCIETÀ DI DIRITTO PUBBLICO?

La loro tesi era – ed è tuttora – che una gestione (pubblica o privata che sia) non è efficiente se fa tanti investimenti e se riesce ad offrire il servizio alla qualità migliore e al costo inferiore.

Loro sostengono invece che ciò che determina la desiderabilità sia la forma giuridica dell’azienda che gestisce il servizio.

Se è pubblica, va bene.

Se non è interamente pubblica, va male. Indipendentemente dalla qualità del servizio che offre, dal livello delle tariffe, dalle condizioni del servizio, ecc.

7) MA SCUSA, QUANTI SONO I PRIVATI CHE GESTISCONO IL SERVIZIO IDRICO OGGI?

Le società private sono (ed erano anche 10 anni fa) l’1% del totale.

Le società miste a capitale pubblico-privato in cui il privato sia maggioranza, sono (ed erano anche 10 anni fa) un altro 1%.

8 ) E IL RESTO?

Il resto sono o società interamente pubbliche (54%) o società pubblico-private ma a maggioranza pubblica (33%) o gestioni “in economia” (cioè fatte direttamente dai comuni).

9) MA COME PERFORMANO QUESTE SOCIETÀ?

Prendiamo il criterio degli investimenti in infrastrutture idriche (acquedotti, depuratori, fognature, ecc).

I gestori che fanno più investimenti (il 50% in più rispetto alla media nazionale) sono le SPA pubblico-privato o quelle a capitale interamente pubblico. Cioè quelle che il referendum mai svolto avrebbe voluto estromettere.

I gestori che fanno meno investimenti sono le aziende di diritto pubblico (alcune, anche in grandi città, manco presentano più i bilanci…) e le gestioni dirette. Fanno investimenti pari alla metà della media nazionale, o prossimi allo zero (come nel caso delle gestioni in economia).

10) QUINDI FAMMI CAPIRE…. NON SOLO LA RETORICA DEL “REFERENDUM TRADITO” SI BASAVA SU UN REFERENDUM MAI FATTO…. MA VOLEVA IMPORRE PER LEGGE IL MODELLO PEGGIORE IN TERMINI DI RISULTATI?

Esattamente così. Per qualcuno lo slogan ideologico, anche dopo 10 anni, conta più della qualità del servizio ai cittadini.

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Ricordo bene quella campagna referendaria di 10 anni fa. Ero uno sconosciuto Assessore al Bilancio del comune di Ferrara e dirigente locale del Partito Democratico.

Fui uno dei pochi dirigenti del Pd in Italia (un altro, che proprio allora cominciava il suo percorso di notorietà nazionale, era l’ancora poco conosciuto sindaco di Firenze) a opporsi con forza alla retorica di quella campagna, condotta con manifestazioni organizzate nei parchi che spiegavano che il pericolo era che un privato poteva venire a togliere le fontane attorno a cui giocavano i bambini.

Il tutto con l’ausilio della grande stampa e del mio (allora) partito, i cui dirigenti con una pacca sulla spalla solevano dirmi “hai ragione ragazzo, ma il tuo discorso è troppo complicato da spiegare”.

Già allora ebbi la sensazione che quel referendum avrebbe cambiato il modo di far politica, e che le successive consultazioni elettorali (o comunque il dibattito politico) sarebbero state tutte così.

Ma mi sbagliavo, e pure di grosso.
Sarebbero state notevolmente peggiori.

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