Stato e mercato: là dove non te lo aspetti

Scrivo spesso che in Italia c’è bisogno di un’opera culturale e di informazione su cosa significhi davvero “mercato” e come esso funzioni, o debba funzionare.

Non potrebbe essere diversamente, del resto, in un paese che per la gran parte della sua storia repubblicana ha visto i partiti esplicitamente o implicitamente avversi al mercato raggiungere oltre il 90% del consenso elettorale. 

In questi giorni si parla molto di pagamenti digitali: quelli che si effettuano con bancomat, carte prepagate, carte di credito o strumenti di mobile payments.

Per svilupparli compiutamente – e contribuire così, indirettamente, anche alla lotta all’evasione – c’è bisogno di molte cose, ma di una in particolare: finché le commissioni di circuito e interbancarie – soprattutto sui pagamenti di importo minore – saranno maggiori di zero, ci sarà sempre l’incentivo a usare la cosa meno costosa: il contante.

Ed è su questo punto che entra in gioca l’eterna disputa tra chi si affida sempre e comunque allo Stato e chi è più persuaso degli effetti benefici del mercato.

I primi hanno sempre sostenuto che lo Stato debba azzerare per legge il costo delle commissioni.

I secondi – dopo gli usuali insulti di essere schiavi dell’ideologia neoliberista e servi del capitale – hanno sempre risposto che le commissioni bancarie sono un prezzo, come gli altri. Corrisposto a fronte di un servizio reso: quello di farsi addebitare il costo della transazione comodamente sul conto, senza doversi occupare personalmente della sua regolazione. E in un’economia di mercato, non è lo Stato a fissare il prezzo di un servizio. Perché se esso fosse fissato ad un livello troppo basso, non ci sarebbe nessuno disposto a offrire quel servizio. E ad un livello troppo alto, nessuno sarebbe disposto a comprarlo. 

Nelle economie di mercato invece, a guidare il prezzo verso il basso – anche zero per determinate sotto-categorie di servizi – sono due cose: l’innovazione tecnologica e la concorrenza.

Ed è esattamente quello che sta avvenendo. 

L’innovazione – con il contributo decisivo proprio  di una start-up italiana – sta facendo decollare gli strumenti di mobile payment (smartphone, orologi, ecc) e la concorrenza sta facendo si’ che progressivamente tutti gli operatori si adeguino, per non perdere quote di mercato.

Le due maggiori banche italiane hanno istituto meccanismi che rimborsano le commissioni per pagamenti sotto i 10 euro, ed è notizia di oggi che il leader del mercato dei pagamenti con carta di debito (che coinvolge 35 milioni di italiani e 2 milioni di esercizi commerciali) per i prossimi due anni annullerà le commissioni per pagamenti fino ai 5 euro.

Ovviamente tutto questo non è necessariamente avvenuto senza alcun ruolo da parte dello Stato: le iniziative che partiranno a gennaio – in primis il “cash back” – possono aver rappresentato uno stimolo efficace allo sviluppo della dinamica di mercato. Così come lo Stato può facilitare l’acquisto di Pos da parte degli esercizi commerciali, o dotare il paese di una infrastruttura digitale in grado di garantire connessioni veloci e sicure. 

Ma un conto è affermare che gli effetti benefici del mercato possono aver bisogno dello Stato che ne crei le condizioni. Ben altro è dire che qualunque obiettivo può essere raggiunto da una disposizione di legge o dalla gestione pubblica.

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