La sfida dei liberal-democratici fuori dalle curve ultrà

La mia intervista su La Nuova Ferrara dell’8 novembre 2024.

La nuova vita di Luigi Marattin dopo Matteo Renzi. Una associazione (Orizzonti Liberali), un libro (“La missione possibile. La costruzione di un partito liberal-democratico e riformatore”, per Rubbettino) che presenta oggi a Ferrara alla 17.30 alla libreria “Libraccio”, su invito dall’associazione Ferrara Cambia.


Marattin, pensa di fare concorrenza al romanzo di Franceschini e al libro di Natale di Vespa?

«Per carità, sono due mostri sacri: mi inchino. Faccio il terzo polo editoriale».

Definisce “missione possibile” costruire il partito liberaldemocratico. Non è piuttosto un’impresa titanica? Al mercato della politica il centro è un prodotto che non tira tanto. Ma è più un problema di domanda e offerta?

«È un tentativo difficile ma necessario. Io credo che la domanda ci sia, per dare rappresentanza a un pezzo d’Italia che non si riconosce nei due poli trainati dai populisti. Non è sempre stato così, li ricorda i tempi di Prodi e Berlusconi? Era diverso, c’era più equilibrio, i riformisti contavano. Ora trionfano slogan e fan club. Una cosa è certa: non è più possibile fare quelli dalla faccia seria in alleanza con i populisti. Tentativi falliti in passato? C’è chi ha creduto di rifare il centro come nuova Dc: dopo il 1989 era impossibile. Ci ha provato Monti: non riuscì a costruire nulla perché difettò di progettualità politica. Poi Renzi e Calenda, altro 9%: tutto è crollato per colpa di personalismi».


Perciò ha lanciato l’associazione Orizzonti Liberali e il 23-24 novembre con altri gruppi e personalità sarà a Milano. Per fare cosa?

«Assieme ad altre associazioni come Nos di Alessandro Tommasi e Libdem di Andrea Marcucci, ma anche Carlo Cottarelli, Oscar Giannino e Alessandro De Nicola lanceremo le basi per un partito. Ci diamo un anno di tempo. Non dobbiamo partire dal leader, come tutti hanno fatto negli ultimi vent’anni: serve un’idea di società, organizzazione sui territori e classe dirigente. Parliamo di mercato, concorrenza, produttività, taglio della spesa pubblica. Poi arriverà un leader autorevole, che sarà eletto in un partito contendibile».

Da quando ha lasciato Italia Viva la sento rinato.

«Avrò sempre grandissimo rispetto per Matteo Renzi e lo ringrazierò a vita, i rapporti cordiali restano. Ma lui ormai ha scelto di fare parte del centrosinistra: non è più il tempo. Se sono rinato? Sento di nuovo l’entusiasmo di trent’anni fa, quando a Ferrara facevo politica da studente. Quando vai nelle istituzioni un po’ perdi, con tutto il rispetto delle istituzioni».

I maligni dicono che il suo progetto sarà solo una fase di passaggio verso l’approdo a Forza Italia. Ma sono solo maligni, vero?

«Ma per carità. E poi Berlusconi quando era al governo non ha fatto nulla di liberale, la pressione fiscale con lui non è mai scesa».

Quindi: di qua no, di là neanche.

«ll centrosinistra è a guida Schlein, Landini e Conte: cosa abbiamo a che fare con loro? Ma guardi che, comunque, lo scenario politico è sempre in movimento. Se M5s e Avs facessero una cosa assieme e il Pd si rendesse autonomo, sarebbe diverso. Come poi se Forza Italia si svincolasse da Salvini e Meloni. Ma ora non ci sono le basi».

Intanto Trump ha vinto le elezioni in America? Cosa ne pensa?

«Non mi aspettavo le dimensioni. Se posso, mi pare che anche là sia saltato un segmento tra destra e sinistra, se una parte della vecchia èlite dei Repubblicani appoggiavano Harris. Ma la risposta non possono essere le star di Hollywood. Per il futuro, mi auguro che Trump mantenga una linea dura contro i regimi illiberali di tutto il mondo. Perché tutti siamo per la fine della guerra, ma dipende poi da come finisce: non con la capitolazione dell’Ucraina, spero».


Trump lancerà dazi nei confronti dei prodotti europei? Si va verso una stagione di protezionismo? In Emilia i produttori di alcuni beni prestigiosi del Made in Italy sono molto preoccupati.

«È uno scenario che si profila. Non faciliterà, se a livello nazionale la produzione industriale cala da 16 mesi consecutivi, se la Germania è ferma. Se neanche 200 miliardi del Pnrr danno la svolta. Servono riforme, togliere l’Italia da quegli anni ’70 in cui si trova, un fisco più leggero, tagliare la spesa pubblica».

Le ristrutturazioni e le crisi aziendali in regione (Berco, ex Tollok e Maserati, tra le altre) annunciano una stagione grave?

«Sono sintomi di grande affaticamento. Penso anche al petrolchimico di Ferrara: in un question time al Governo, ho chiesto informazioni sui piani per la decarbonizzazione di Versalis dopo l’annunciato taglio del cracking di Brindisi e Priolo e del polietilene da Ragusa: solo che l’etilene ci serve comunque e dovremo acquistarlo da Paesi che inquinano di più. Dov’è il vantaggio ambientale?».

Elezioni regionali: De Pascale o Ugolini?

«No guardi, come associazione abbiamo deciso di non schierarci, questo anno lo dedicheremo alla semina, per raccogliere è presto. Certo, sono due candidati autorevoli: de Pascale lo conosco come amministratore, Ugolini ha un profilo civico. Ma poi da anni ho cambiato residenza, non voto neppure più in Emilia…».

La sua Ferrara sembra ormai Fabbrilandia, una Monsterland perenne che spaventa la sinistra.

«Vedremo tra cinque anni, quando Fabbri non potrà più ricandidarsi. Magari nascerà un’alternativa liberale all’orizzonte».

Ha proprio altri orizzonti liberali. Scrisse Eduardo Galeano: “Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là”.

«Facciamo che l’orizzonte si sposta di nove passi. Così, dopo un po’ di tempo, lo si raggiunge».

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