Un post per distrarci un po’.
In Italia ci sono circa 31 milioni di persone che guadagnano fino a circa 1650 euro netti al mese.
Coloro che, secondo un ragionamento popolare sia a destra che a sinistra, dovrebbero essere gli unici beneficiari di politiche di riduzione dell’Irpef.
Questi 31 milioni di persone pagano di tasse, in media, il 9,4% del loro reddito lordo. Sempre in media , circa 100 euro al mese.
(Ma è solo una media: per più della metà di loro, quelli che guadagnano fino a 1.000 euro netti al mese – più di 16 milioni di persone – il conto dell’Irpef mensile si ferma a 10 euro).
Costituiscono quasi il 75% dei contribuenti soggetti a Irpef, ma sopportano poco più del 20% di tutta l’Irpef nazionale.
Passiamo poi ad un altro gruppo di italiani. I “ricchi”, i “privilegiati”, i “nababbi”, sempre secondo i social (e secondo i partiti di destra e di sinistra).
Sono 1,5 milioni di persone (una platea più di 20 volte inferiore alla precedente), e guadagnano dai 2.500 ai 3200 euro netti al mese.
Pagano di tasse, in media, il 25% del loro reddito, cioè un’aliquota quasi tripla rispetto al primo gruppo (si tratta in media di più di 1100 euro al mese).
Costoro sono solo meno del 3,5% dei contribuenti Irpef, ma sopportano da soli il peso del 11,5% di tutta l’Irpef che viene pagata in Italia.
E in più, come abbiamo segnalato in tutti i post precedenti, questi sono anche coloro che se decidono di lavorare (e quindi guadagnare) di più, lo Stato si prende il 45/46% dell’incremento di reddito che ne consegue.
MORALE DELLA FAVOLA
Questi semplici conti possono essere controllati da tutti: basta andare sul sito del Dipartimento delle Finanze, dove sono pubblicati i dati delle dichiarazioni dei redditi relativi al 2023.
I numeri sono noiosi, forse più delle parole.
Ma questi numeri ci dicono una cosa chiara:
se vogliamo ridurre le tasse sul lavoro, lo dobbiamo fare al ceto medio, e non ai redditi medio-bassi.
Ma non per una scelta ideologica: semplicemente perché i redditi medio-bassi GIÀ OGGI L’IRPEF NON LA PAGANO PRATICAMENTE PIÙ.
Il problema di questi redditi non è il fisco: è che è bassa la retribuzione lorda.
E per alzarla servono politiche diverse, più strutturali: favorire la crescita dimensionale delle imprese, i settori ad alto valore aggiunto, riformare radicalmente la contrattazione.
E nel frattempo – perché si tratta di politiche per cui occorre tempo – noi del Partito Liberaldemocratico proponiamo di azzerare strutturalmente (e senza vincoli) la tassazione sui premi di produttività.