Oggi è il 27 del mese, che una volta veniva identificato come “il giorno di paga”.
È il primo del 2025.
E anche per questo 2025, il signor Mario Rossi porta a casa 2.500 euro netti al mese.
Ha il mutuo da pagare, la rata della macchina, l’assicurazione, la retta dell’asilo nido del figlio, le bollette di gas, luce e acqua, forse anche la retta della residenza per anziani della mamma.
A fine mese ci arriva, per carità. Ma – dopo i forti aumenti dei prezzi del biennio 2021-2023 – ci arriva giusto giusto. E se vive in alcune grandi città, forse neanche ci arriva a dire il vero.
E anche per quest’anno, se Mario decide di “fare di più”, di lavorare di più, per ogni 100 euro aggiuntivi di reddito, lo Stato gliene preleva alla fonte 45.
Perché l’Italia, a Mario Rossi (che guadagna 2.500 euro al mese), applica un’aliquota del 43%, a cui si aggiungono un paio di punti di addizionali locali.
Fuori dai confini nazionali, un’aliquota del genere si applica a chi guadagna sei o sette volte di più.
Negli USA, poi, non esiste neanche un’aliquota così.
Il tutto per finanziare uno degli apparati di spesa pubblica più inefficienti del mondo occidentale, che serve a politici e burocrati per comprare consenso politico e coltivare clientele.
Anche questo 2025 sarà così.
Perché a sinistra pensano che Mario Rossi sia un ricco privilegiato, a cui magari imporre la patrimoniale. A destra pensano che Mario Rossi si accontenti degli slogan, o del bonus una tantum di 100 euro a Natale.
Se invece sei convinto che all’Italia serva MENO SPESA e MENO TASSE, vieni l’8 marzo a Roma: nasce il partito che fa per te.
E I REDDITI BASSI?
Sui redditi bassi il fisco non c’entra più niente.
Chi guadagna 1.000, 1.200, persino ormai 1.500 euro al mese non paga quasi più niente di IRPEF (paga semmai i contributi previdenziali per la sua pensione futura).
Il problema dei redditi bassi non è che è basso il netto, MA CHE E’ BASSO IL LORDO.
E come si aumenta il lordo?
In un solo modo: aumentando la produttività.
E come si aumenta la produttività?
In tanti modi, tra cui:
1) azzerando la tassazione sui premi di produttività.
2) riformando la contrattazione collettiva, privilegiando quella territoriale, i cui aumenti retributivi devono essere tassati zero.
3) finendola di decantare le doti del “piccolo è bello”: aziende piccolissime non potranno mai pagare salari elevati. Serve allora incentivare le fusioni di micro-imprese, azzerando le tasse per chi si fonde e eliminando gli ostacoli normativi (come fece il Jobs Act).
4) finendola di decantare le doti dei “settori tradizionali”: i settori tradizionali, soprattutto quelli a basso valore aggiunto, faranno sempre fatica a pagare salari elevati. Bisogna smetterla di tenere in vita artificialmente – magari con soldi pubblici – aziende decotte, e incentivare la mobilia dei lavoratori, gli investimenti nei settori innovativi, la semplificazione delle procedure e dei regolamenti.